PAGINE DI STORIA VISSUTA E SENTITA
Esperienza di prima accoglienza in Romania - 2
Natalia Andronachi è nata in Repubblica Moldavia e vive attualmente in Romania a Bucarest dopo aver concluso gli studi universitari. È una coordinatrice di Moldox (https://moldoxfestival.com/en/about-the-festival/) nella capitale rumena.
Natalia parla la lingua russa per cui ha subito deciso di andare alla Stazione Centrale di Bucarest a fare qualcosa nei primi giorni in cui arrivavano dei cittadini ucraini che scappavano dalla guerra.
“Sono andata dai primi giorni dopo lo scoppio della guerra alla stazione centrale di Bucarest e questa è stata una scelta spontanea che mi ha determinato a chiamare altre persone che conoscevo che sapevo che sarebbero state contente di dare una mano.
La mia competenza linguistica – parlo russo – è ciò che ho “offerto” come aiuto/supporto. Inoltre, avevo lavorato in una ONG e quell’esperienza mi ha aiutato a comportarmi in un certo modo in questo contesto.
La gente arrivava da Suceava, città nel nord est della Romania, con i treni e poi, dalla capitale, andavano verso Ungheria, Germania, Francia… Alla stazione c’erano 4 sale e delle tende allestite per accogliere queste persone.
Per tutta la durata dell’esperienza non ho chiesto del conflitto perché consideravo essenziale pensare ai bisogni immediati, da una parte, e dall’altra parte ho pensato anche a me, al mio stato emotivo…
Sì, mi sono sentita impotente per alcuni motivi: una comunicazione deficitaria tra volontari e autorità a livello oggettivo; di fronte ad una grande sofferenza come quella che percepivo, vedevo la forza positiva del bene da parte di tante persone e questa forza la avvertivo come superiore rispetto a tutto…
Era successo anche un paradosso: pur sapendo una lingua per poter comunicare con queste persone non sapevamo cosa dire, cosa rispondere. In questo modo abbiamo creato una guida che serviva come orientamento sul territorio a noi e a loro.
Un altro aspetto particolare è stato il ritorno in Romania, a Bucarest, di alcune persone che erano partite per altre mete. Mi faceva piacere sentire che le mancava la nostra accoglienza.
Mi sono rimaste impresse. Il riconoscimento da parte dei rifugiati e anche da parte di alcuni volontari nei miei confronti. A volte, mi dimenticavo perfino dei miei bisogni, delle mie necessità nelle ore che passavo alla stazione…
Oltre all’esperienza in sé mi è rimasta una forte amicizia con un’altra ragazza volontaria!”